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Spunti per un diet coach: decalogo per un approccio multidimensionale, non puramente dietetico!   2 comments

interpretazione grafica di un educatore alimentare

Partendo dal presupposto che l’alimentazione e la nutrizione stanno sempre più prendendo un ruolo di rilevanza centrale sia nello studio di reciproca interrelazione e concausalità con cui rivestono e caratterizzano i comportamenti umani da un punto di vista psicologico e sociologico, sia come materie oggetto di riflessione scientifica e medica per coltivare preventivamente, ma anche raggiungere, uno stato ottimale di salute, e che sta riscuotendo sempre più importanza il concetto che non dobbiamo vivere per mangiare, ma mangiare per vivere bene, il diet coach, questa nuova figura professionale di personal trainer nutrizionale che si sta imponendo alla moda nei paesi anglo/americani e che anche qui in Italia inizia ad esser conosciuto, un diet coach dicevo, deve avere una enorme e circostanziata preparazione multidisciplinare, perché non solo come compito principale avrà quello di motivare un paziente o per meglio dire un allievo e/o discepolo a scegliere di condurre un determinato regime alimentare corretto ai fini della riconquista e/o del mantenimento di un sano e consapevole benessere psicofisico, ma avrà anche il compito di osservare, osservare e osservare ancora bene questo discepolo, il suo comportamento di avvicinamento al cibo, la considerazione che tiene del cibo, a cominciare da come e quali spese effettua per il suo sostentamento alimentare, da come si appresta al cucinare con tutte le sue varie tecniche, l’accostamento che compie tra i cibi e l’ordine della loro assunzione per continuare al suo appropinquarsi al desco, alla tavola, il suo modo di sedersi, la sua postura, il suo modo di portare il cibo alla bocca (…o la bocca al cibo!), il saper o meno apprezzare la compagnia e la convivialità, per finire al suo alzarsi da tavola e a come viene affrontato e gestito il periodo della digestione sino al prossimo pasto.

In questa nostra società denominata “società del benessere”  per l’abbondanza di beni, dell’opulenza in ogni settore e quindi anche di cibi e la gran varietà di proposte alimentari, invece paradossalmente si manifestano sempre più malesseri non solo dovuti ad allergie ed intolleranze di gran parte della popolazione verso alcuni cibi, ma anche patologie e sindromi di disfunzioni metaboliche ed organiche a sfondo psicologico dovuti ad una cattiva gestione della propria alimentazione come sovrappeso, obesità, diabete nonché a forme di veri e propri disturbi e gravi disordini alimentari come anoressia e bulimia, insomma ci si è staccati sia da un cibo naturale ovvero prodotto secondo i cicli naturali, sia da modi di mangiare più naturali: la cura di sé passa attraverso l’apprendimento di un ripristinato auto-controllo, un sapersi gestire, osservare, conoscere e soprattutto amare.

Per questa nuova figura emergente di diet coach, si tratta quindi di evidenziare, studiare e correggere ogni passo e ogni momento del comportamento verso gli alimenti e la nutrizione che una persona può avere, prendendo in considerazione vari aspetti del suo carattere e della sua personalità a cominciare da come organizza la propria vita ed i suoi pensieri con le sue proprie priorità e con conseguenti azioni pratiche tese al raggiungimento o meno di specifici obiettivi, dal suo più o meno accentuato controllo degli impulsi, del rapporto che ha con se stesso e con il suo corpo in particolare, per finire ad un esame approfondito della sua affettività e della relazione emotiva che lo lega più o meno visceralmente al cibo.

Insomma la preparazione che si richiede ad un diet coach (personal trainer nutrizionale o anche educatore alimentare) deve spaziare da conoscenze nutrizionali e biochimiche di base dei cibi, alle conoscenze nel campo delle tecniche di cottura (deve essere un ottimo cuoco), di abbinamento tra i cibi, della loro conservazione, da conoscenze dell’apparato digerente dal punto di vista del suo funzionamento e della sua fisiopatologia, a conoscenze del biotipo del soggetto preso in consegna con la sua tipica crasi neuroendocrina e temperamentale, a conoscenze elementari di psicologia del comportamento umano riguardo il rapporto anche e soprattutto emotivo che si instaura tra l’individuo ed il suo nutrimento.

Si dice, e personalmente ci credo,  che un buon e soddisfacente nutrimento fisico possa essere buono anche per l’anima!

Perché come naturopata ho affrontato queste problematiche? Innanzitutto il naturopata è a conoscenza alquanto approfondita di quanto sinora esposto, ovvero conosce e si avvale dello studio biotipologico con vari screening di lettura degli aspetti costituzionali di un individuo a cominciare, per fare un semplice esempio, dall’esame iridologico costituzionale, dall’esame morfologico/embriogenetico, o dalla struttura cronobiologica, energetica e anche piscoemotiva secondo la MTC (Medicina Tradizionale Cinese) che possiede un tal individuo, e sempre il naturopata è a conoscenza dei principi nutrizionistici e dietetici naturali che fanno capo al mantenimento di un sano e corretto stile di vita compatibile allo stato costituzionale di quel dato individuo, insomma può indirizzare secondo principi di sani, corretti e naturali stili di vita finalizzati ad un accettabile stato di salute, e poi conseguentemente guidare ed esser di supporto, al lavoro svolto quasi quotidianamente da questa nuova figura che comunemente definiamo diet coach.

In definitiva vi sono vari punti di contatto tra queste due figure professionali che possono lavorare in sinergia per portare una determinata persona a conoscersi meglio e ad esser  instradata e “allenata” a condurre con costanza determinati regimi alimentari, prima venendo a conoscenza attraverso una visita naturopatica delle sue peculiarità, possibilità e magari di un determinato regime dietetico da conseguire,  e poi trovando il supporto del diet coach che motiva, istruisce ed abitua  il paziente a metter in pratica le “tecniche” adatte ad esser assimilate per condurre con continuità un appropriato e cosciente stile di vita non solo alimentare.

Ma lungi  dall’occuparmi in questa sede di problematiche serie, di disturbi del comportamento alimentare conclamati quali anoressia, bulimia e/o il nuovo quadro clinico che si sta affermando nella ricerca ovvero il binge eating disorder (ovvero disturbo di alimentazione incontrollata), veniamo ad un “decalogo” pratico che dovrebbe seguire un diet coach nell’espletamento delle sue prerogative e funzioni che considero più vicine alla prevenzione di eventuali disturbi alimentari che alla cura dei medesimi pur in ogni caso potendo esserne d’ausilio:

1)      il diet coach non è un medico, né un dietologo, né un naturopata, né uno psicologo, ma è una figura professionale che aiuta un “paziente” o “allievo” che dir si voglia, a metter in pratica i consigli dietetici che un medico, un nutrizionista, un naturopata  assieme eventualmente ad uno psicologo danno ad un paziente;

2)      detto questo il diet coach si avvale di un colloquio preventivo con il “paziente”, precedentemente visitato e consigliato da un naturopata, per conoscersi nelle proprie rispettive esigenze ed individuare un condiviso cronoprogramma di azioni consecutive integrantesi;

3)      una volta stabilito un seppur elastico programma, di solito si inizia accompagnando l’allievo alla visita e conseguente spesa presso un mercato possibilmente di alimenti biologici certificati di provata alta qualità, (essenzialmente non alimenti adulterati e preparati industrialmente ovviamente!), iniziando ad istruire l’allievo sulle varie proprietà nutrizionali degli alimenti da prendere in esame, sulle varie differenze tra di essi e riguardo anche ai peculiari benefici che può trarne e studiando le reazioni verbali e gestuali dell’allievo sia riguardo le sue preferenze o avversioni verso particolari  alimenti, sia riguardo al suo modo di valorizzare anche economicamente l’acquisto o meno di un determinato alimento;

4)      sempre cercando di capire psicologicamente le attitudini e le possibilità di apprendimento del suo paziente a cui cercherà di accordarsi, il diet coach procederà ad illustrare il passo successivo molto importante della eventuale stipatura e conservazione del cibo, nonchè preparazione e cottura del medesimo sia per renderlo il più appetibile possibile secondo il gusto dell’allievo con eventuali trucchi del mestiere per insaporire e curiosità simbolico/letterarie riguardo gli alimenti presi in considerazione, ma sia soprattutto per motivarlo all’utilizzo di tecniche di cottura e manipolazioni di un determinato cibo in funzione sempre del benessere e salute del medesimo come stabilito in sede di colloquio o colloqui: in questa fase sarà opportuno sia dare precise istruzioni tecniche, ma come appena detto arricchendole di curiosità e indiscrezioni anche storiche riguardo l’avvento e i vantaggi e gli svantaggi di determinate tradizionali manipolazioni alimentari, sia assistere il paziente nelle sue operazioni coinvolgendolo senza far perdere quell’opportuno senso di svago e di soddisfacimento che si dovrebbe ottenere sapendo di compiere delle azioni utili per se stessi;

5)      e qui entriamo nel vivo dei compiti del diet coach della preparazione dei piatti, della messa in tavola, della seduta a tavola e del consumo del pasto: qui il consiglio è sempre di consumare il pasto assieme all’allievo, perché facendo da semplice spettatore si potrebbe troppo alterare quella condizione di convivialità che sarebbe opportuno sempre avvenga per rendere il pasto usualmente più gredevole: in questa fase il diet coach dovrà fare massima attenzione sia nello stabilire il porzionamento idoneo nei piatti motivandolo, sia cercare di astrarsi, seppur dando un buon esempio di buongustaio, dal suo atto consumatorio, ponendo molta attenzione a come l’allievo si avvicina al cibo, e con questo intendo sia come assume una posizione a tavola, la sua postura, la sua masticazione, il suo dinamismo e la sua più o meno accentuata voracità collegata alla maggior o minor velocità nei vari atti anche a seconda dei cibi consumati, il suo apprezzamento verbale, paraverbale e gestuale sul cibo, il tutto segmentando e analizzando le varie fasi per poi sintetizzarle e renderle condivise all’allievo con calma e lucidità dopo il pasto o in apposito successivo colloquio (in questo caso ci si potrebbe anche aiutare facendo filmare le scene da una telecamerina fissa per poi commentarle assieme);

6)      nel dopo pasto il diet coach dovrà ancora osservare il successivo comportamento dell’allievo notando i cambiamenti nel corso del tempo che passa da una situazione di sazietà alla successiva fase di rinnovata fame: qui è importantissimo porre attenzione e cercare di misurare se vi è sonnolenza oppure frenesia attivistica e se il pasto appena consumato dà ancora adito a qualche mancanza o se è stato, oltre che sufficiente ad integrare il fabbisogno energetico, anche soddisfacente, e quanto, in termini psicoemotivi (e per questo si potrà avvalere, oltre che della propria esperienza, e se naturalmente necessario, di appositi test e questionari mutuati dalle scienze del comportamento umano come il Test di Rorschach nei disturbi del comportamento alimentare);

7)      il diet coach deve essere a conoscenza di problematiche riguardo le influenze negative  sull’alimentazione che possono avere certe forme di pregnante, ma sviante pubblicità nutrizionistica sul dato individuo;

8)      deve avere un quadro complessivo di riferimento dentro il quale l’individuo si muove e lavora, quali tipi di condotta tiene verso il tipo di lavoro che svolge, se sedentario, attivo fisicamente e/o intellettualmente, se fa sport quale e con quale frequenza, se ha degli hobby e quali, ed anche un quadro più o meno dettagliato della sua vita affettiva e familiare per esempio, insomma deve avere un quadro di riferimento non solo sulla condotta alimentare della persona che ha in esame, ma su tutti i tipi di condotta che tiene nelle varie situazioni di vita, il tutto senza esprimere il minimo giudizio sui comportamenti ma attenendosi ad una deontologia professionale che si andrà man mano definendosi; 

9)      il diet coach deve essere informato sui valori che tradizionalmente fanno parte delle consuetudini familiari del suo allievo rispetto al cibo ed in quale quadro di attinenza, anche da punti di vista antropologici, sociologici e religiosi, si possono inserire i comportamenti del suo assistito;

10)  ultimo, ma non privo di importanza, anche perché collegato al precedente punto 9, deve conoscere alcune regole del galateo o del bon ton che dir si voglia, perché alcune buone maniere alimentari non sono solo pure regole formali, ma son nate con lo scopo di rendere i momenti del pranzo e/o di un pasto  più confacenti ad una forma di igiene alimentare come per esempio il rallentare il ritmo del pasto con cui si favorisce la possibilità di soddisfare l’appetito con meno cibo e di pensare e prendere coscienza di ciò che si mangia; altre regole utilissime per una successiva buona digestione sono non portare a tavola piatti troppo colmi, appoggiare la posata tra un boccone e l’altro, non guardare la tv mentre si mangia, non tenere gli occhi fissi sul piatto e mai conversare con i commensali a bocca piena per non ingoiare aria o viceversa inspirare cibo e soffocarsi: insomma le vituperate regole del galateo a tavola si accordano con il mangiar bene e sano.

Nel quadro di questa mutevole realtà contemporanea con tante mode alimentari e varie proposte dietologiche più o meno valide a partire dalla nouvelle cousine alla dieta zona, dalla  dieta mediterranea alla dieta vegana,  fino ad arrivare agli infausti fast food all’americana, siamo stati portati, soprattutto a causa dell’organizzazione sociale e produttiva predominante al giorno d’oggi,  ad una riduzione dei tempi riservati alla consumazione del cibo, ad una troppo razionale semplificazione dei modi di vivere a tavola e ad un generale livellamento dei gusti, per cui assumono ora ancor più importanza i compiti dei vari professionisti dell’alimentazione e del comportamento umano ad essa collegato come ricercatori, scienziati, medici, naturopati, dietologi e soprattutto diet coach che con il loro lavoro a stretto contatto con l’utenza, possono aiutare a riportare su di un più giusto, sano e compatibile binario realmente umano il rapporto che l’essere umano ha con il cibo.

Questa necessità sempre più evidente al giorno d’oggi di riappropriazione cosciente dei meccanismi di autoregolazione e presa di coscienza dei reali bisogni alimentari, del bere e del mangiare, sono non solo i presupposti della nostra vita materiale come d’altronde son da sempre considerati, ma dipendono anche in parte dal nostro arbitrio e dalle nostre giuste scelte per il mantenimento di un sano individuale equilibrio salutare, ma anche sociale, ecologico e originario anche nel senso evolutivo di riaccordarsi quanto più possibile ai ritmi della Natura e del nostro pianeta Terra.

Come già summenzionato, concludo per il momento questo articolo osservando che nella moderna scienza dell’alimentazione vi è  un ritorno ed un accentuazione dello studio per una alimentazione più naturale in cui viene data importanza alla dieta intesa non come restrittiva e/o costrittiva, ma come regime quotidiano di vita piacevole, congruo ed adatto a quel dato tipo di individuo,  esigenza che si manifestò già in Ippocrate e poi nella Scuola di Medicina Salernitana dove il Magister Maurus,  richiamando sempre Ippocrate, afferma che “diaeta est regula vivendi ad usum et utilitatem humani corporis”; termino qui riproponendomi di entrare più nello specifico di alcuni concetti che in questa sede ho sommariamente espresso e su cui ho momentaneamente sorvolato.